Recensione Bloodborne

Un gioco di Hidetaka Miyazaki.
Solo con questa frase potremmo tranquillamente chiudere qui la recensione. Il nome di questo “lord” sarà sconosciuto a pochi, ma familiare a tanti. Quei tanti che hanno avuto,  in molteplici ore di gioco, una lista di
bestemmioni da gridare con il joypad in mano. Coloro che della frustrazione ne hanno fatto un vanto. Coloro che, dopo anni passati a chiedere giochi più difficili, sono stati accontentati.
Eppure, dire difficile non rende bene l’idea. Miyazaki significa letteralmente “Santuario del promontorio”. Insomma, quest’uomo ha dell’onnipotente anche nel cognome. Non c’è da stupirsi che sia proprio lui la mente, il padre della serie Demon/Dark Souls (oltre che presidente di From Software).

Era il 2014, durante l’E3, quando Sony annuncio un’esclusiva che fece tremare i muri di casa Microsoft: “Project Beast”. Nel corso del tempo il titolo si trasformò in Bloodborne, erede spirituale di quei Dark Souls che tanti hanno apprezzato (oltre che bestemmiato). E anche stavolta, Miyazaki ha inserito quella folle creatività che lo contraddistingue, creando con From Software un titolo assolutamente imperdibile.

Il sogno del Cacciatore

La trama è già di per se qualcosa di fresco, e non un trita e ritrita di situazioni già viste. Ci ritroveremo a Yharnam, città in stile Vittoriano. A Yharnam predominano la fede cieca e bigotta, ma anche la scienza in tutte le sue forme.
Proprio quest’ultima si è evoluta così tanto da permettere la creazione di un’accademia medica, meta di tanti malati bisognosi di cure.
Il nostro personaggio, il Cacciatore, creato da noi con un editor assolutamente completo (anche se meno ricco dei suoi fratelli spirituali), si recherà in città per curare un male di cui è afflitto, e che al momento non ha cura. Proprio al suo arrivo si renderà conto che Yharnam non è assolutamente un luogo tranquillo. I suoi abitanti sono vittima di un male che li ha resi ostili a qualsiasi cosa che non sia come loro, e li ha trasformati in mostri dall’aspetto
visicido e abominevole. Durante quello che viene definito il “rito di passaggio” saremo presi e catapultati in un inferno che sembra non avere fine.
Nessun viaggio per gradi. Solo un gran calcio nelle gengive, e una morte repentina dietro l’angolo. Questo è l’inizio di Bloodborne. Questo è l’inizio dell’incubo perfetto. Dalla clinica Iosefka, con amore.

Recensione Bloodborne - InGame scene

Cacciatore, è ora di svegliarsi.

Se vi state chiedendo quanto Bloodborne sia una copia di “Dark Souls e Demon Souls”, possiamo garantirvi che non c’è nulla che riporti ai precedenti capitoli creati da From Software. Solo alcune similitudini sottili. Il resto è cambiato, in meglio. Se credete di ritrovare una componente ruolistica che possa, in qualche modo, aiutarvi e avvantaggiarvi nel corso dell’avventura (come accadeva con i precedenti Souls) vi sbagliate ancora. In passato potevamo scegliere se rafforzare le doti fisiche del nostro alter-ego, o quelle magiche. In Bloodborne il tutto è invece votato all’azione.
Qui a salvarvi ci saranno le schivate, non uno scudo. Ma andiamo per gradi.

Avviato il gioco potremmo scegliere tra quattro tipi di set armi predefiniti per l’equipaggiamento. Ognuno di essi avrà caratteristiche che si adatteranno al vostro stile di gioco e potranno essere modificate con l’equipaggiamento di rune (disponibili dopo la metà del gioco), così come i parametri del cacciatore, che che potrete potenziare tramite gemme con azione passiva. Nessun potenziamento invece per le armature, che in questo caso hanno solo un valore estetico di contorno. Comunque, la valuta del gioco restano gli echi di sangue infetto. Ogni nemico sconfitto rilascerà per terra echi di sangue che ci serviranno per ripristinare la nostra energia vitale e non solo.
Comunque, tornando a noi, ognuna delle armi prescelte avrà due forme. Ad esempio noi abbiamo scelto quella che sembrava all’apparenza un’ascia. Quest’ultima, però, premendo L1 ha allungato il manico, diventando una sorta
di lancia a metà tra l’alabarda e un coltello appena uscito da uno degli spot dello chef Tony e dall’effetto devastante.
La mappatura dei controlli definisce ai tasti dorsali la possibilità di scagliare un attacco con formula differenziata. Tradotto in parole povere con R1 ed R2 potremo scegliere se adottare un attacco pesante o leggero.
Proprio quello pesante può essere caricato per scagliare colpi violenti, capaci di mettere un nemico KO in pochi secondi. È ovvio che, se noi siamo lì a caricare un attacco, il nemico non sarà mica fermo ad attendere la nostra prossima mossa (qualcuno ha detto AC Brotherhood?). E proprio in questo ci viene in aiuto una nuova feature, rispetto ai precedenti Souls. Il tasto L2 infatti sarà il grilletto della nostra arma da fuoco, anch’essa inclusa nel set standard ad inizio gioco. L’arma da fuoco però non facilità assolutamente la vita del nostro cacciatore: possiede una gittata assolutamente limitata e una potenza di fuoco non proprio esaltante. Questa però potrebbe stordire i nemici, permettendoci quindi di poter caricare l’attacco, e scagliarlo con violenza, riducendo i danni al nostro alter ego.
Già da qui potete capire quanto sia diverso Bloodborne, e quanto dannatamente possa diventare divertente una volta presa la mano. Avremo a disposizione anche le arti magiche, seppur non da subito, ma non pensate che queste siano fondamentali come lo erano in passato. Risultano essere inserite nel contesto frenetico più per agevolare che per avere un ruolo marcato e approfondito. Ovviamente, quando abbiamo detto action non significa che tutto si tramuterà in un “picchia picchia” perenne come in un qualsiasi gioco “alla Bayonetta/Devil May Cry”. Dovremo tenere sotto controllo anche la stamina. Ogni nostra azione ne consumerà una porzione.
A dare peso a questa “limitata” disponiblità, ci sarà l’IA. Non credete di cavarvela in maniera più semplice con nemici apparentemente semplici da sconfiggere. Proprio questi, data la natura più debole, tenderanno ad attaccare in gruppo. E se uno da solo può impensierire solo minimamente, un gruppo di bifolchi assatanati che ci accerchiano sono estremamente pericolosi quasi come un boss di fine livello. A dare in qualche modo man forte, di fronte a simili situazioni, viene in aiuto il ripristino di parte della barra dei punti vita. Se assesteremo un buon numero di colpi poco dopo aver subito danno, questa potrà riempirsi e darci un breve respiro. Nulla però è mai dato per scontato in Bloodborne.
Un esempio sono i combattimenti contro i boss. Diversificati e mai scontati, con scenari che lascerebbero senza fiato anche il giocatore più esigente. Oltre ai boss “principali” (quelli che la trama obbliga a far fuori per
proseguire) ne troveremo di ulteriori opzionabili, senza contare la miriade di territori esplorabili e segreti da scovare.
Tutto questo ben di Dio potrete portarlo a termine, evitando gran parte dell’intrattenimento offerto da Yharnam, in circa 25 ore alla prima run. Attenzione però. Se terminate il gioco, a differenza dei Souls, non potrete
continuare a girovagare. Verrete portati direttamente al menù principale e dovrete reiniziare una nuova partita.
Questo risulta assai “scomodo” per coloro che magari preferiscono godersi prima la trama e poi dedicarsi a raccogliere collezionabili. Sappiate però che l’universo di Bloodborne è davvero immenso. Godersi la sola trama principale toglierà circa il 40% dell’esperienza totale. Non fatevi ingannare dalle 25 ore per poterlo finire. Personalmente, nella mia seconda run sono a circa metà del gioco, ma sto esplorando come un dannato ogni anfratto del gioco, e sono già abbastanza oltre le 25 ore di gioco. Il nostro consiglio è quindi di godersi il titolo From Software al 100%, senza fretta e con attenzione. La longevità quindi non è minimamente un difetto. Anche perchè i veri difetti di Bloodborne sono altri, e li vedremo più avanti.

Recensione Bloodborne Playstation 4

Una delle vere novità di Bloodborne sono i Chalice Dungeon, o meglio chiamati Dungeon procedurali. In cosa consiste questa modalità? Diciamo innanzitutto che non è proprio una
modalità, ma un mondo che si apre ai nostri occhi. Per entrarci basterà trovare un calice che rilascerà un boss non proprio difficile all’interno della città. Una volta preso verremo catapultati in un labirinto di nemici e mura scure che all’inizio sembrano uguali al sogno del cacciatore. Subito dopo però i dungeon diventano procedurali e richiedono materiali specifici per far sì che si creino. All’interno di questi dungeon troveremo molto spesso nemici che non sono presenti all’interno della campagna principale. Senza contare i boss di fine livello, che non hanno niente di meno rispetto alla controparte principale. Ciò che stuzzica maggiormente è che queste mappe vengano generate in maniera del tutto bastarda. Avete capito bene, bastarda. Sono incappato in alcuni dungeon in cui alcune trappole sono state così difficili, con trappole ovunque, da farmi bannare a vita dal regno dei cieli. Esiste anche la possibilità di farsi
lasciare delle note dagli amici che hanno già visitato una determinata tomba, per inserirlo e cominciare il medesimo dungeon.

Cacciatori Online e problemi

Il comparto online multiplayer risulta essere ben fatto, anche se limitante per chi (come il sottoscritto) è abituato ai classicismi di un simile comparto.
Non troveremo alcuna lobby in cui attendere di andare in partita, nè ci sarà un modo diretto per chiamare altri cacciatori amici. Se volete chiamare qualcuno, dovrete farlo tramite una password, ma è cosi faraginoso e problematico che lascerete perdere dopo il primo tentativo. Questa non è una mancanza erronea, ma un qualcosa di voluto proprio da Miyazaki (problemi legati alle password a parte. immagino).
Vi ritroverete quindi nel mondo di gioco da soli, e al buio (Alone in The Dark rules). Come nei suoi fratelli spirituali, esiste ancora la possibilità di vedere le morti altrui e/o di leggerne le note lasciate da quest’ultimi. Nonostante questo, gli amanti del player vs player troveranno tutto questo molto limitante, andando così ad azzoppare una produzione che è si ottima, ma non perfetta. Nonostante la miriade di spettacolo e fuochi d’artificio, Bloodborne ha dei difetti che mettono seriamente in pericolo quanto fatto da From Software agli occhi di chi si avvicina per la prima volta ad una loro creatura, una su tutte: i tempi di caricamento. Circa 60 secondi per passare dalla realtà al sogno
del cacciatore. Quindi, visto che le morti sono una prassi in Bloodborne, vi lasciamo immaginare quanto sia avvilente dover attendere. L’azione di gioco viene smorzata tantissimo. Un altro difetto è sicuramente il sistema di Checkpoint: non ne abbiamo parlato in precedenza perchè, nonostante questo funzioni, ha delle limitazioni non indifferenti. I
checkpoint sono sparsi per tutta la mappa, ma non in maniera omogenea. Essi sono rappresentati da una laterna. Dovremo accenderla per poter tornare al Sogno del cacciatore, conservando quindi gli echi di sangue (che se
sconfitti dovranno essere recuperati andando ad uccidere il nemico che a sua volta ci ha fatti fuori), o essere “resuscitati” in caso di morte, senza dover ripercorrere la mappa per arrivare al punto selezionato.
Come dicevamo, proprio questi sono un tallone d’achille non indifferente. Molto spesso la distanza tra una lantera e l’altra sarà tale che morire e perdere gli echi di sangue sarà tutt’altro che piacevole.
Nonostante la difficoltà del titolo, avremmo voluto una gestione migliore dei save point sotto questo punto di vista.

Sento bene, vedo meglio

Essendo un’esclusiva, Bloodborne era atteso sia per ciò che riguardava il gameplay, sia per ciò che riguardava gli aspetti tecnici derivati dalla potenza di calcolo di PS4.
Bloodborne gira a 1080p e 30 frame al secondo. E contando tutto il ben di Dio che si vede a schermo, non possiamo non lodare From Software. Intendiamoci, non siamo a livelli di fotorealismo eh, ma la bontà grafica colloca Bloodborne come il primo e vero gioco che dimostra la potenza di questa generazione. Probabilmente vista anche la sua natura next gen e non come mero cross.
Tutto si muove con una fluidità disarmante, nonostante qualche sporadico calo di frame rate. Proprio il problema legato al frame rate e ai tempi di caricamento citati pocanzi, From Software ha già annunciato una patch.
Nonostante questo, graficamente Bloodborne presenta al momento il top. Con un livello di dettaglio generale altissimo e un sistema di illuminazione ed effetti particellari davvero notevoli. Il sonoro merita tantissimo, con effettistica generale davvero ben campionata, musiche orchestrali stratosferiche e doppiaggio in italiano di
gran rilievo.