Recensione Yaiba: Ninja Gaiden Z

Spark Unlimited Games, azienda composta da vecchi sviluppatori della serie Medal of Honor e conosciuti per lo sviluppo di titoli come Call of Duty: Finest Hour e il recente Lost Planet 3; Comcept, piccola compagnia di “soli” 4 anni circa fondata da Keiji “MegaMan” Inafune; Team Ninja, filiale di Tecmo Koei conosciutissima sopratutto per le sue due serie videoludiche principali, Dead or Alive e Ninja Gaiden. Ed è proprio su quest’ultima serie che le tre case appena citate uniscono le forze per la creazione di un coraggioso titolo dal tratto “fumettoso” annunciato ben 2 anni fa: stiamo parlando di Yaiba: Ninja Gaiden Z, primo spin-off ispirato alla saga di Ryu Hayabusa che vede quest’ultimo non come protagonista ma come nemico del nuovo ninja giocabile chiamato, appunto, Yaiba.
Già dalla prima rivelazione del titolo e dai primi video si poteva intravedere lo stile da comics americano un po’ “trash”: veloce e dinamico, esagerato, “aggressivo”, fuori dal comune, con tanto di un bello sfruttamento dell’ormai spremutissimo Unreal Engine 3 per quanto riguarda il tratto di disegno ben fatto che delinea i nuovi (e vecchi) personaggi e le nuove ambientazioni, ma… il prodotto finale?
In attesa di un nuovo capitolo principale, riesce Yaiba a tenere alto il nome della serie dopo lo scivolone della terza incarnazione datata 2012 o anche lui scivolerà con essa? Gli autori cercano di coprirsi con la “tecnica dello spin-off” e il totale cambio di toni e stile prima accennati, molto più dissacranti della serie madre, ma…

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Hype Level: Destroyed

Una cosa è certa: tutti gli aggettivi prima usati per descrivere le prime impressioni sul gioco ancora in fase di sviluppo valgono anche una volta provato con mano il prodotto finale, anche se non proprio allo stesso modo. Infatti la dinamicità, l’esagerazione e il motore usati possono essere definiti allo stesso tempo sia come punto forte che come punto debole, in una sorta di “arma a doppio taglio”, rendendo la qualità generale del titolo abbastanza altalenante, una specie di “film trash di serie B” dei videogiochi. Ma andiamo con ordine.
Come già accennato, inizialmente il gioco sembra presentarsi bene visivamente. Il cell-shading nato dall’Unreal Engine 3 è un bel vedere, i video sono ben fatti, le cutscene stile fumetto ben piazzate e i nuovi personaggi sono ben delineati e particolari, ma, come afferma il famoso detto, “l’apparenza inganna”. Dietro tale stile infatti si nasconde una realizzazione in-game abbastanza basilare, se non scarna e deficitaria, caratterizzata, si, da una buona fluidità, ma anche da una sovrabbondanza di bug e glitch, talvolta anche pesanti (come, ad esempio, pezzi di ambiente mal progettati che, a causa di un certo movimento del protagonista, possono causare la morte di quest’ultimo), textures ed effetti sfocati e di basso livello, con tanto di compenetrazioni poligonali ai limiti dell’assurdo, un aliasing non proprio trascurabile e un design ambientale che, purtroppo, non aiuta per aumentare la qualità generale del comparto grafico e tecnico, senza contare anche il design dei nemici, davvero vari (che spaziano da zombie di diversi tipi, come clown, donne elettrificate e giganti esplosivi, a robot dalle fattezze di cani ecc.) ma altrettanto banali e presentati in modo così affrettato da risultare “noiosi” col proseguire del gioco, schema progressivo che obbliga un aumento drastico di avversari presenti su schermo, contemporaneamente, con l’avanzare dei livelli. Quest’ultima scelta porta però ad ulteriori problemi, ovvero una telecamera fissa mal messa durante buona parte dei combattimenti contro tali numerosissimi gruppi e quindi una confusione totale dei combattimenti stessi. Ciò ci riporta quindi alla componente principale del gioco e del genere: il gameplay e il combat system.

No button smashing, no party…?

Tralasciando le fasi simil-platform, che cercano di rompere il ritmo di gioco con semplici momenti di salti e acrobazie (unici momenti in cui è possibile saltare) da “premi un tasto al momento giusto”, la dinamicità e spettacolarità del sistema del combat system risulta infatti fortemente limitata dai limiti tecnici e dalle scelte di design prima descritte, queste ultime riguardanti più che altro alle fasi “platform” prima descritte in errori quali salti predefiniti che portano alla morte causa errori di programmazione, oltre che dai comandi e dalla difficoltà, tutte componenti pressochè mal calibrate. Per quanto riguarda i comandi e quindi le abilità del nostro ninja partiamo dai tre tipi di attacco, ovvero spada (veloce e letale), pugno (lento ma potente) e “frusta” (debole ma a lunga gittata), che danno vita a combo possibilmente infinite grazie ad un “sanissimo” button-smashing di fondo e alte combo senza senso e che eliminano così i combattimenti studiati ed impegnativi tipici della serie da cui trae spunto. A ciò si aggiunge un tasto di scatto che permette lunghe schivate ma che, allo stesso tempo, elimina la possibilità di salto durante gli scontri, una parata che, al momento dell’attacco avversario, lascia spazio ad un potentissimo contrattacco, quest’ultimo però dalla tempistica fallata e quindi difficile da eseguire, una presa con cui è possibile prendere ed utilizzare vari oggetti e nemici, buona trovata che aggiunge un poco di varietà per quanto riguarda i piccoli, facili e guidati enigmi ambientali, l’esecuzione, con cui è possibile dare il colpo di grazia ai nemici in modo da ricevere poi energia vitale, e la modalità “Sete di Sangue”, modalità utilizzabile dopo diverse uccisioni e che rende Yaiba un’invincibile bestia immonda capace di sminuzzare ogni singolo nemico per un periodo di tempo limitato. In sintesi: un sistema di combattimento che non porta niente di nuovo al genere, anche se “impreziosito” da status alterati quali “elettrificazione”, “fuoco” e “melma”, se non un’alta dose di velocità, di squartamenti e di discutibili scelte di progressione e calibratura, sopratutto per quanto riguarda la difficoltà, non proprio alta in generale, sopratutto per quanto riguarda la prima metà di gioco, ma resa talvolta molto frustrante dagli errori, dalla telecamera e dalla confusione prima descritti.

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Ninja, zombie, robot, splatter e humour spicciolo per un grande pentolone demenziale

Come si può migliorare tutto questo? Non di certo con la longevità, di circa 4 ore per la storia e di un altro paio per l’arcade, forse migliore della modalità storia per quanto riguarda telecamera ed equilibrio difficoltà, a meno che non si debba rigiocare il tutto e in modalità più difficile per ottenere voti migliori e per trovare tutti i collezionabili, questi molto facili da trovare e sbloccare già dalla prima run vista l’alta linearità generale, così come i potenziamenti del protagonista, sempre se il giocatore di turno avrà la voglia di rigiocarlo…
Ma quindi questo gioco non ha niente di salvabile? Tra grafica con potenziale ma mal sviluppata, gameplay dinamico ma mal organizzato e una scarsa longevità, cosa manca? Principalmente due cose: la prima è il comparto sonoro, caratterizzato da un bellissimo e perfetto doppiaggio inglese che ben si sposa con ogni singolo personaggio presente, i loro caratteri e le varie situazioni, ma peggiorato da effetti sonori talvolta asincrono o addirittura assenti e da una colonna sonora non del tutto convincente se non in un paio di occasioni; la seconda riguarda invece un fattore, o meglio un genere, che non molti potrebbero prendere con un atteggiamento positivo. Stiamo parlando ovviamente della componente base del gioco, il fattore “trash”! Come affermato nell’introduzione infatti, una delle cose che rendono lo stile di Yaiba: Ninja Gaiden Z quello che è riguarda appunto il metodo esagerato, aggressivo ma sopratutto demenziale nella descrizione dei personaggi originali e degli eventi, tra dialoghi talvolta intrisi di humour nero e battute assai squallide ma sempre “d’impatto”, scenette tra zombie e nemici vari in puro stile “film splatter di serie B anni ’80/’90” e un personaggio principale che, grazie al suo carattere cattivo, bruto, menefreghista e affamato di sangue e vendetta (totalmente opposto al buon vecchio Ryu Hayabusa insomma), con tanto di un antagonista finale non tanto carismatico ma abbastanza “subdolo”, danno vita ad una trama degna, appunto, di un trash film vecchio stile, quindi banale di base ma altrettanto demenzialmente splatter ma divertente, o almeno per chi apprezza questo genere di cose, cosa che limita esponenzialmente il pubblico che potrebbe apprezzare quindi le idee di base che stanno dietro questo titolo.